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I RACCONTI DEL CUSCINO - Peter Greenaway

lunedì 19 gennaio 2015

Il punto è...

Non sono più riuscita a scrivere...
No, non ho avuto il panico da foglio bianco, semplicemente scrivere è rimasta una mia fantasia che non ho trasformato in azione, con l'idea continua nella mia testa che ci fossero cose più urgenti e importanti da fare.
Niente di più sbagliato...forse questa avrebbe dovuto essere l'unica cosa da fare, l'unico modo per liberarmi da quella zavorra che mi ha aggrovigliato i pensieri, che non mi ha permesso di agire come avrei voluto, con passo determinato e fiducioso. Ho dimenticato questo spazio che per me, in qualche modo, avrebbe potuto essere vitale. L'ho dimenticato come si fa con una parte di sé preziosa e vulnerabile a cui si vuole offrire solo il meglio e che, a forza di essere preservata, finisce con l'essere nascosta anche a sé stessi.

Non so perché stasera, improvvisamente, ho deciso di tornare qui, ma credo che seguirò quest'inclinazione. Il punto è che stavolta non prometto più di scrivere regolarmente. Lascio in sospeso...e chissà se così non riesca a mantenere l'impegno...

sabato 7 aprile 2012

Intermezzo poetico

Giusto per non perdere l'abitudine di scrivere, vi regalo una poesia di Emily Dickinson


















[425]

Buongiorno - mezzanotte -
vengo a casa -
il giorno - si è stancato di me -
io come avrei potuto - di lui?

La luce del sole era un bel posto -
mi piaceva restare -
ma la mattina - non mi voleva -
perciò - buonanotte - giorno!

Posso guardare - vero -
quando l'oriente è rosso?
Le colline - hanno un modo - allora -
che fa traboccare - il cuore -

Mezzanotte - non sei così bella -
ho scelto - il giorno -
me - prendi una ragazzina -
che lui ha mandato via! 
 

giovedì 5 aprile 2012

Il parco dei talenti

Entrare in una libreria mi fa sempre lo stesso effetto. Un po' mi sento come a casa, vago per gli scaffali in cerca di qualcosa da comprare(perché se entro in una libreria nel 96% dai casi compro), e un po' mi prende una sorta di strana inquietudine. Penso a tutti quei libri, a tutte quelle parole che non potrò mai leggere, non basta la mia vita. E non parlo di tutti i volumi esistenti, ma anche solo di quelli che potrebbero interessare a me. E mi ritrovo a sperare di avere la possibilità di vivere altre vite in modo da poter continuare l'opera di acculturamento. In tutto questo mi sovviene un pensiero: ma quanto cavolo scrive la gente? E quanti sono coloro che mettono nero su bianco i propri pensieri? Considerando poi solo i pubblicati. Chissà quanti giacciono in un cassetto dove non li può leggere nessuno.
Che cosa spinge tutte queste persone a fare della scrittura il loro mestiere? È solo la voglia di comunicare e la consapevolezza di avere un talento da sfruttare per guadagnarsi da vivere? Io credo che sia molto di più. È anche il tentativo di guadagnarsi un biglietto per l'eternità. La volontà di lasciare il segno, di far sì che il passaggio in questa vita non sia vano.
Da adolescente io volevo essere un genio. Uno Shakespeare, un Mozart, qualcuno che potesse lasciare un segno. Qualcuno da ricordare, insomma. Ho avuto sempre questo bisogno di essere ricordata, o forse devo dire di non essere dimenticata. A conti fatti credo che sia il bisogno di ognuno di noi. Guadagnarsi l'eternità con qualcosa che facciamo o che lasciamo ed abbia la nostra impronta, sapere che il nostro nome, in un modo o nell'altro, resterà. Forse è questo che spinge tanti a scrivere, più o meno inconsciamente.
Ma come si fa a capire qual'è il talento giusto che ci porterà a destinazione? Lo scegliamo noi? O ci viene assegnato, magari in sogno?

Sprofondata nel mio letto sento le palpebre farsi pesanti, chiudo gli occhi e in poco tempo il mio respiro si fa sempre più lento e regolare. D'improvviso mi ritrovo immersa nella nebbia. Cammino con passo incerto, non so dove vado, ma sento che devo andare. Voci lontane, confuse, mi confermano che la direzione è giusta. Man mano che avanzo la nebbia si dirada fino a farmi distinguere un cancello dal metallo abbagliante.
Una figura maschile vestita di bianco mi si avvicina con passo sicuro e, guardandomi dritto negli occhi, mi dice:
- Nuova?
Sono un po' sconcertata, lo confesso. Ma che dico un po'? Parecchio. E riesco solo ad annuire e ad emettere parole incerte:
- Dove mi trovo?
L'uomo che mi sta di fronte, lo sguardo rassicurante e il sorriso bonario di chi ha risposto già tante volte a quella domanda, indica ciò che si estende alla sue spalle
- Non indovini? Dimmi che cosa vedi.
- Un cancello
rispondo io, conscia di aver espresso un'ovvietà.
- E poi? Guarda bene.
D'un tratto le immagini oltre il cancello si fanno nitide e nella mia mente entra il sole, mi sento come quando la melodia si apre nel ritornello e i sensi sorridono. E' tutto più chiaro ora, alberi, siepi, panchine circondano una scena inusuale: file di individui in attesa come davanti a sportelli di servizio e in fondo ad ogni fila, in alto, un display.
- È un parco
un sorriso stupito si esprime nella mia voce
- ma che fanno tutte quelle persone in fila?
- Questo è il parco dei talenti, le persone che vedi attendono di ricevere una risposta alle loro domande: sapere quale talento le accompagnerà nel percorso di vita che stanno affrontando. Arrivati al banco entreranno a conoscenza della personale attitudine che dovranno coltivare una volta svegli. Per potersi realizzare pienamente. E tu, sei qui per lo stesso motivo.
- Io? Non lo so...Io ho semplicemente seguito una forza che mi ha attratta fin qui. Ma, come mai ci sono così tante file? Non ne vedo la fine.
- Perché i talenti sono molteplici, tutti variegati, ognuno ha il suo, ognuno ha la possibilità di lasciare un segno differente. Ciascun mestiere, ciascuna inclinazione, ciascun modo di essere porta alla realizzazione di se stessi. Basta prendere il numero qui e attendere il proprio turno. È semplice, coraggio.
Il sorriso caldo del guardiano del parco mi attraversa il cuore, sento un entusiasmo, una fiducia mai avvertiti prima. Allungo la mia mano verso la macchina erogatrice di biglietti, che fino ad un attimo prima non avevo notato, premo il bottone e subito parte uno strano rumore. L'uomo accanto a me alza la voce per superare il frastuono
- Appena la macchina avrà finito riceverai un biglietto con due numeri: il primo indica la fila, il secondo il tuo turno.
Il suo sguardo però, da sereno e rassicurante è diventato perplesso e preoccupato, ma cerca di nasconderlo abbastanza bene.
D'improvviso il rumore cessa e dalla fessura spunta il biglietto: il mio cuore fa un balzo, e prende a battere più velocemente. È arrivato, il momento della verità è lì a portata di mano, basta afferrare quel piccolo pezzo di carta e....
Eccola lì nelle mie mani, la risposta alle mie domande e io non riesco a credere a quel che vedo:
- Bianco...è un foglio bianco...che cosa significa?
cerco una risposta negli occhi del mio interlocutore, ma vedo che anche per lui è una novità.
Il suo sguardo vaga alla ricerca di qualcosa da dire:
- Beh, in questo caso, il tuo talento te lo devi inventare...inventare...inventare
La luce si affievolisce intorno a me, le immagini si fanno confuse e sempre più buie, sento il terreno vacillare sotto i miei piedi e la sensazione di precipitare s'impadronisce del mio corpo, mentre quell'unica parola riecheggia nelle mie orecchie.


















Mi sveglio di colpo con una nenia martellante nella testa: INVENTARE - TALENTO - INVENTARE - TALENTO

Dunque è così che funziona, devo fare tutto da sola, senza un'indicazione, un consiglio che mi dica che la strada è giusta. E sia, inventerò il mio futuro, testerò i talenti possibili e scoprirò cosa mi rende unica e memorabile. Che la caccia cominci.

venerdì 28 gennaio 2011

Alla ricerca della ricetta magica

Si dice che sia indispensabile per vivere bene. Si mormora che, da qualche parte, c'è per tutti. Magari è nascosta sotto al letto, tra le pieghe delle lenzuola, incastrata nella federa del cuscino. Oppure ti scruta da dietro lo specchio, sperando che tu, prima o poi, ti accorga di lei. A volte è spavalda, s'insinua subito in te e non devi faticare per trovarla, anzi, non ti disturbi neanche ad andarla a cercare. Altre volte invece è talmente timida che si nasconde così bene che la cercherai per tutta la vita senza mai trovarla, oppure ti accorgerai che era dietro di te solo troppo tardi.
E' l'autositma la cosa più preziosa e importante che possiamo avere. Ed è la cosa che a me manca, da sempre.
"Quindi questa oscura e informe cosa che si chiama AUTOSTIMA non ho idea di come sia fatta. E soprattutto, non ho idea di dove o come diavolo andarla a cercare!"

 SBAM!

"Uh! E che è sta cosa?!"
L'autostima è il processo soggettivo e duraturo che porta il soggetto a valutare e apprezzare se stesso tramite l'autoapprovazione del proprio valore personale fondato su autopercezioni. La parola auto-stima deriva appunto dal termine "stima", ovvero la valutazione e l'apprezzamento di se stessi e degli altri.

Dimensionalità dell'autostima

Il nostro senso di autostima deriva da: elementi cognitivi ovvero il bagaglio di conoscenze di una persona, la conoscenza di sé e di situazioni che vengono vissute dal soggetto; elementi affettivi che vanno ad influenzare la nostra sensibilità nel provare e ricevere sentimenti, che possono essere stabili, chiari e liberanti; elementi sociali che condizionano l'appartenenza a qualche gruppo e la possibilità di avere un'influenza sul gruppo, di ricevere approvazione o meno dai componenti di quest'ultimo.

L'autostima ha la caratteristica fondamentale di essere una percezione prettamente soggettiva e, in quanto tale, non stabile nel tempo ma dinamica e mutevole. Il senso di autostima deriva principalmente dalle relazioni che ogni persona interiorizza e rielabora, sia le relazioni che vanno verso noi stessi che quelle che noi intraprendiamo con altre persone. Da questo deriva il fatto che le persone influenzano e sono influenzate in continuazione il proprio senso di autostima.

Dove nasce l'autostima?

Questo fattore che è dentro di noi non è ereditario, innato o contenuto nel nostro DNA, bensì è qualcosa che la persona si costruisce lungo tutto l'arco della sua esistenza. L'autostima dipende non solo dalla capacità di valutare noi stessi ma anche dalla modalità di rielaborazione che una persona accompagna alle esperienze vissute, ai risultati ottenuti e alle informazioni che possiede. Il nostro senso di autostima varia a seconda dei parametri che prendiamo come riferimento, quindi dei cardini che diamo al nostro vivere; una persona infatti si può definire magra o grassa a seconda del punto di riferimento che prende in considerazione, non in modo astratto e svincolato dal resto. Lo stesso succede per l'autostima che muta in base agli assi cartesiani che fissiamo intorno a noi.
Definizione da Wikipedia

"Ehm, grazie Wikipedia per il suggerimento, però, la prossima volta, fai attenzione, stavi quasi per uccidermi!"

Sì, è tutto chiaro, però....
Amare me stessa , volermi bene, è la cosa più difficile che mi sono trovata a fare. Ci sto provando, sto lottando come una guerriera nella sua luccicante armatura, ma ogni volta che mi sembra di fare un passo avanti e l'euforia m'inebria ecco che crollo inesorabilmente ed è come se gli sforzi fatti fino a quel momento fossero stati inutili.
Non è che per caso c'è una formula magica, un segreto, una ricetta? Ecco, con le ricette sono brava. Non c'è per caso una ricettina che faccia al caso mio?.....

Mmmm, che sia questo il segreto? Come fare una torta o dei biscotti: seguire scrupolosamente le indicazioni, amalgamare bene gl'ingredienti e aspettare che la cottura completi l'opera?

venerdì 14 gennaio 2011

Ciò che conta



Primo post del nuovo anno. Volevo iniziare con qualcosa di forte, bello e che magari generasse dibattito. Avevo diversi spunti da cui partire, ma poi ho letto una lettera su Vanity Fair. Bella, commovente, densa di vita. E ho deciso d'iniziare il mio anno da blogger così, pubblicando questa lettera. Spero che nessuno se ne abbia a male. Ma credo che, essendo stata già pubblicata su una rivista, non sarà un problema metterla anche qui, l'importante è citare la fonte.

Egregio direttore, sono certo che si ricorderà di Antonella di Bergamo. Sono il marito di quella luminosa stella, e le voglio dire grazie per quella pubblicazione che, con le numerose risposte, tanto ha contato nella battaglia contro quel maledetto male. Il metro del male che avanzava era scandito dai numeri di Vanity che restavano ancora imballati. A ogni numero che si aggiungeva, Antonella indicava la pila e mi diceva: guarda cosa mi sta succedendo! Ci avete accompagnato nella lotta, fatto ridere con le risposte ai lettori, riportato di corsa alla normalità con le rubriche.
Purtroppo la battaglia è stata persa giovedì 16 dicembre in una sala d'ospedale, e i colori dell'autunno si sono trasformati nei colori della rabbia e del dolore. In questa disperazione alzo gli occhi al cielo e sono tentato in ogni istante di raggiungerla, poi li abbasso e vedo Asia, che ha solo 6 anni e mi dice di piangere se voglio, e aggiunge che lei non lo farà mai perché la mamma non la voleva veder piangere, o Sara, che ha solo 3 anni e mi spiega che ha male al pancino perché le manca tanto la mamma.
Antonella è stata una donna stupenda che io stesso non ho conosciuto del tutto, e forse questa lettera serve a dire che la vita va vissuta senza leggere l'etichetta, che basta guardare dentro per scoprire un mondo fantastico, ascoltare con attenzione le parole dei nostri figli per trovare in loro una saggezza maggiore della nostra, aprire gli occhi per notare nel nostro giardino un fiore che non avevamo mai notato, parlare con il nostro amico di sempre per accorgerci che non lo conosciamo ancora bene. Appena incontravi Antonella, immaginavi che il suo affetto fosse troppo grande per essere una costante comune a tutti, che fosse dovuto a uno di quei momenti della vita in cui ti senti più buono o più comprensivo. Ebbene no, lei era sempre così, e lo era con tutti, anche con chi non lo meritava: "Se dai amore, non devi aspettare di riceverlo per essere appagato, deve appagarti il solo gesto di darlo".
Antonella è stata la splendida compagna di un viaggio che è durato troppo maledettamente poco per realizzare i nostri progetti e i nostri sogni. Ma sono orgoglioso di scrivere questa lettera e, se decideste di pubblicarla, vorrei che le persone che hanno conosciuto Antonella sapessero che lei era buona con loro così come lo era con tutti, e che le definiva tutte speciali, perché tutte le persone sono speciali, basta solo conoscerle meglio.
Un grazie alla redazione di Vanity, e a tutti quelli che le hanno voluto bene. Ti amo, piccola, e ti amerò per sempre.
IL TUO PRINCIPE

Da Vanity Fair n°1 del 12.01.2011

Non c'è molto altro da aggiungere a queste parole intense. Bastano da sole.
Ovviamente non ho conosciuto Antonella, ho appreso la sua storia dalle pagine della rivista. Ma sono stata profondamente colpita dalla sua lezione di vita ed ho voluto condividerla con tutti. O almeno con chi frequenta il mio blog.
Ho solo una cosa in più da dire: grazie Antonella, grazie Principe. Attraverso queste poche righe ho capito che è questo il tipo di persona che voglio diventare, questo il tipo di ricordo che vorrei lasciare, questo il modo in cui vorrei essere amata.

lunedì 27 dicembre 2010

Un Natale da Renna

Ancora una volta è arrivato Natale, e lo ha fatto quasi improvvisamente. Voglio dire che mai come quest'anno i giorni tra il "Oh, tra poco è Natale" e il cenone della vigilia sono trascorsi in un batter d'occhio. Come dite? E' l'età che avanza e più si diventa vecchi più si ha l'impressione che il tempo scorra velocemente? Sì, in parte avete ragione, ma direi che stavolta ha giocato un ruolo importante il fatto che ultimamente fossi molto presa dai miei problemi di cuore e di autostima, e tutto ciò mi ha tenuta lontana dallo spirito natalizio.
Devo dire che mi fa un po' strano, io adoro il Natale. Mi piace tutta l'atmosfera, le decorazioni, i preparativi e soprattutto mi piace fare i regali. Lo sguardo e il sorriso di chi riceve un mio dono, sono impagabili. E devo dire che sono anche piuttosto brava, i miei regali sono sempre azzeccati. Sì...ok...quasi sempre...un paio di volte ho sbagliato, ma cosa sarà mai in anni di onorata carriera? Ed è per questo che a casa mia mi occupo io della cosa, gli altri partecipano, ma l'incaricata sono io! E va bene, lo confesso, sono una piccola aiutante di Babbo Natale. Sono zuccherosa e melensa anch'io, ma solo in piccole dosi eh? Solo quando è veramente necessario.
Come dicevo, però, quest'anno il giorno della vigilia non ero molto entusiasta, tutto sembrava ripetersi come gli anni passati: il solito cenone in famiglia, i soliti addobbi, i pacchetti da fare, rete4 che proponeva per la milionesima volta in prima serata "Il piccolo lord", italia1 invece "Una poltrona per due" (apro una doverosa parentesi riguardo questo argomento: non si capisce come mai, con i milioni di film di argomento natalizio che sono stati girati, gli addetti ai palinsesti debbano riproporci ostinatamente sempre gli stessi....da anni.). L'unica nota un po' diversa era questa canzone
Insomma, sembrava riproporsi un Natale non troppo entusiasmante.
E invece, grazie ad una semplice idea, si è trasformato in un Natale insolito.
Il cambiamento è dovuto a questo:

Esatto, sono delle corna da renna in feltro montate su un cerchietto. Le avevo comprate per metterle per il mio nipotino solo durante l'apertura dei regali il 25, e invece...sì, avete capito bene, ho avuto la geniale idea di tenerle tutto il giorno. Vestito rosso come le corna, stivali, trucco impeccabile e rossetto da diva: una renna perfetta direi.
Ma non mi sono accontentata di tenerle in casa, no no no. Sono uscita in strada e le ho portate con me, in testa ovviamente. Con mia madre che mi diceva:" Ma dove vai in giro così?" e io:"E' Natale mamma" "Appunto, non è Carnevale. Ci vuole coraggio ad andare in giro così, se tu ce l'hai...."
Ebbene sì, io l'ho avuto questo coraggio, e non immaginate che soddisfazione mi ha dato! Nel tragitto fatto per andare a casa del mio amico Gianluca ho incontrato diverse persone, alcune hanno fatto uno sguardo strano altre hanno sorriso, mentre io ridevo e mi sentivo potente. Figlia di un'energia particolare. Dite la verità, quanta gente conoscete che avrebbe fatto una cosa del genere? Mmm, io credo molto poca...Sì, lo so, non è niente di così eclatante, ma mi ha messa di buon umore e mi ha fatto capire una cosa: la mia piccola follia mi salverà.

martedì 21 dicembre 2010

Ho capito e ho imparato

E' passato più di un anno dall'ultima volta che ho scritto. Nel frattempo sono successe tante cose, molte importanti. E' stato decisamente un anno intenso, ma è inutile dilungarmi nei particolari, vi basta sapere che ci sono state cose belle che mi hanno resa felice e cose andate male per cui ho sofferto molto.
Da tutto ciò ho capito e imparato diverse cose, ed è di questo che voglio parlare.
Pronti per la lista???? VIA!

> Ho imparato che amare è bello, sempre, anche se fa soffrire, anche se non è ricambiato. Mi fa sentire viva, e forte.
> Ho imparato che la vita è imprevedibile e può cambiare da un momento all'altro, mandando in frantumi le tue poche certezze e i tuoi sogni, o facendoti sentire in grado di realizzare qualsiasi cosa.
> Ho capito quanto posso essere tenace(qualcuno dirà testarda e cocciuta, ma va beh)e quanto questa cosa in alcune circostanze mi dia una forza che non immaginavo di avere.
> Ho capito che non mi voglio abbastanza bene, non ho stima e fiducia in me stessa e devo lavorare su questo.
> Ho capito che ho paura delle dipendenze, di qualunque genere, e che per questo forse non mi lascio andare abbastanza.
> Ho capito che ho paura della mia parte oscura.
> Ho imparato che la paura di non essere all'altezza può paralizzarti a tal punto da non riuscire a trovare la via d'uscita.
> Ho capito che non sopporto mia nonna perché ho paura di diventare come lei.
> Ho imparato che molte persone parlano per frasi fatte e banalità.
> Ho capito che alcune di queste persone però lo fanno a fin di bene, e quindi vanno scusate.
> Ho imparato, ma in parte già lo sapevo, che senza amici non vado da nessuna parte, ma che alla fine, poi, me la devo cavare da sola.
> Ho imparato che, quando si soffre per amore, tutti sono pronti a darti un "ottimo" consiglio, anche senza sapere come stanno le cose, anche se non hanno la necessaria esperienza per dispensare perle di saggezza. Alla fine ogni storia è a sé e, per quanto si assomiglino un po' tutte, solo tu sai com'è la tua.
> Ho capito, ma ne ero già sicura quindi si può parlare di conferma, che le cose non capitano per caso: siamo destinati a incontrare proprio quelle persone in quel preciso periodo della nostra vita, o a incrociare particolari circostanze in un determinato momento.
> Ho imparato quant'è bello incontrare una persona per la prima volta e scoprire di avere la confidenza e la naturalezza di chi si conosce da tanto tempo.
> Ho capito che le persone veramente importanti, anche se non faranno più parte della mia vita, resteranno sempre con me, come un bel ricordo significativo per il mio percorso di crescita personale.
> Ho imparato ad eliminare alcune parole dal mio vocabolario, una di queste è rinunciare.
> Ho imparato quanto è grande la capacità delle mie ghiandole lacrimali. E, attenzione, siamo quasi a livello di cisterna....quindi siete avvisati.
> Ho capito che sono capace di perdonare, anche se non tutti e non sempre, perciò non ve ne approfittate.
> Ho capito che odio la canzone di Eros Ramazzotti "Oggi che giorno è" che ha condizionato la mia vita sentimentale.

Ebbene sì, dal momento in cui è uscita questa canzone, avevo 15 anni, io ho sempre pensato che sarei stata una "signorina Giulia" come quella della canzone. Patetica eh? Eppure mi faceva sempre piangere ogni volta che mi capitava di ascoltarla.
Ma ora, se me lo permettete, fanculo alla signorina Giulia....e pure a Ramazzotti.
> Ho imparato che, quando soffri per amore, l'universo sembra congiurare alle tue spalle: coppie felici spuntano ovunque come funghi, tutte le canzoni parlano di te, tutti i film raccontano la tua storia, vedi e senti il suo nome dappertutto. Ti dici, va beh, è un nome comune è normale...ma poi trovi anche il suo cognome in giro, e su Vanity Fair! Credo sia il tentativo di mettere alla prova le capacità psichiche di un individuo in un momento di particolare stress emotivo, se sopravvivi senza grandi conseguenze sei idoneo, altrimenti...



> Ho capito che "Io sono ottimista, è la vita che mi confonde le idee"
> Ho capito che voglio essere meravigliosa, e lotterò per questo.
> Ho capito che, se la ruota gira per tutti, la mia dev'essere arrugginita perché è ferma da anni: ci vorrà un po' d'olio, che dite?
> Ho capito che "Le stelle non cadono se non scuoti il cielo".
> Ho capito che prima o poi arriva il momento di scuoterlo questo cielo.

Non so se ci sono altre cose che ho capito e imparato, sicuramente capirò e imparerò ancora, come Kintaro...

Io e Nelly Furtado

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