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I RACCONTI DEL CUSCINO - Peter Greenaway

venerdì 28 gennaio 2011

Alla ricerca della ricetta magica

Si dice che sia indispensabile per vivere bene. Si mormora che, da qualche parte, c'è per tutti. Magari è nascosta sotto al letto, tra le pieghe delle lenzuola, incastrata nella federa del cuscino. Oppure ti scruta da dietro lo specchio, sperando che tu, prima o poi, ti accorga di lei. A volte è spavalda, s'insinua subito in te e non devi faticare per trovarla, anzi, non ti disturbi neanche ad andarla a cercare. Altre volte invece è talmente timida che si nasconde così bene che la cercherai per tutta la vita senza mai trovarla, oppure ti accorgerai che era dietro di te solo troppo tardi.
E' l'autositma la cosa più preziosa e importante che possiamo avere. Ed è la cosa che a me manca, da sempre.
"Quindi questa oscura e informe cosa che si chiama AUTOSTIMA non ho idea di come sia fatta. E soprattutto, non ho idea di dove o come diavolo andarla a cercare!"

 SBAM!

"Uh! E che è sta cosa?!"
L'autostima è il processo soggettivo e duraturo che porta il soggetto a valutare e apprezzare se stesso tramite l'autoapprovazione del proprio valore personale fondato su autopercezioni. La parola auto-stima deriva appunto dal termine "stima", ovvero la valutazione e l'apprezzamento di se stessi e degli altri.

Dimensionalità dell'autostima

Il nostro senso di autostima deriva da: elementi cognitivi ovvero il bagaglio di conoscenze di una persona, la conoscenza di sé e di situazioni che vengono vissute dal soggetto; elementi affettivi che vanno ad influenzare la nostra sensibilità nel provare e ricevere sentimenti, che possono essere stabili, chiari e liberanti; elementi sociali che condizionano l'appartenenza a qualche gruppo e la possibilità di avere un'influenza sul gruppo, di ricevere approvazione o meno dai componenti di quest'ultimo.

L'autostima ha la caratteristica fondamentale di essere una percezione prettamente soggettiva e, in quanto tale, non stabile nel tempo ma dinamica e mutevole. Il senso di autostima deriva principalmente dalle relazioni che ogni persona interiorizza e rielabora, sia le relazioni che vanno verso noi stessi che quelle che noi intraprendiamo con altre persone. Da questo deriva il fatto che le persone influenzano e sono influenzate in continuazione il proprio senso di autostima.

Dove nasce l'autostima?

Questo fattore che è dentro di noi non è ereditario, innato o contenuto nel nostro DNA, bensì è qualcosa che la persona si costruisce lungo tutto l'arco della sua esistenza. L'autostima dipende non solo dalla capacità di valutare noi stessi ma anche dalla modalità di rielaborazione che una persona accompagna alle esperienze vissute, ai risultati ottenuti e alle informazioni che possiede. Il nostro senso di autostima varia a seconda dei parametri che prendiamo come riferimento, quindi dei cardini che diamo al nostro vivere; una persona infatti si può definire magra o grassa a seconda del punto di riferimento che prende in considerazione, non in modo astratto e svincolato dal resto. Lo stesso succede per l'autostima che muta in base agli assi cartesiani che fissiamo intorno a noi.
Definizione da Wikipedia

"Ehm, grazie Wikipedia per il suggerimento, però, la prossima volta, fai attenzione, stavi quasi per uccidermi!"

Sì, è tutto chiaro, però....
Amare me stessa , volermi bene, è la cosa più difficile che mi sono trovata a fare. Ci sto provando, sto lottando come una guerriera nella sua luccicante armatura, ma ogni volta che mi sembra di fare un passo avanti e l'euforia m'inebria ecco che crollo inesorabilmente ed è come se gli sforzi fatti fino a quel momento fossero stati inutili.
Non è che per caso c'è una formula magica, un segreto, una ricetta? Ecco, con le ricette sono brava. Non c'è per caso una ricettina che faccia al caso mio?.....

Mmmm, che sia questo il segreto? Come fare una torta o dei biscotti: seguire scrupolosamente le indicazioni, amalgamare bene gl'ingredienti e aspettare che la cottura completi l'opera?

venerdì 14 gennaio 2011

Ciò che conta



Primo post del nuovo anno. Volevo iniziare con qualcosa di forte, bello e che magari generasse dibattito. Avevo diversi spunti da cui partire, ma poi ho letto una lettera su Vanity Fair. Bella, commovente, densa di vita. E ho deciso d'iniziare il mio anno da blogger così, pubblicando questa lettera. Spero che nessuno se ne abbia a male. Ma credo che, essendo stata già pubblicata su una rivista, non sarà un problema metterla anche qui, l'importante è citare la fonte.

Egregio direttore, sono certo che si ricorderà di Antonella di Bergamo. Sono il marito di quella luminosa stella, e le voglio dire grazie per quella pubblicazione che, con le numerose risposte, tanto ha contato nella battaglia contro quel maledetto male. Il metro del male che avanzava era scandito dai numeri di Vanity che restavano ancora imballati. A ogni numero che si aggiungeva, Antonella indicava la pila e mi diceva: guarda cosa mi sta succedendo! Ci avete accompagnato nella lotta, fatto ridere con le risposte ai lettori, riportato di corsa alla normalità con le rubriche.
Purtroppo la battaglia è stata persa giovedì 16 dicembre in una sala d'ospedale, e i colori dell'autunno si sono trasformati nei colori della rabbia e del dolore. In questa disperazione alzo gli occhi al cielo e sono tentato in ogni istante di raggiungerla, poi li abbasso e vedo Asia, che ha solo 6 anni e mi dice di piangere se voglio, e aggiunge che lei non lo farà mai perché la mamma non la voleva veder piangere, o Sara, che ha solo 3 anni e mi spiega che ha male al pancino perché le manca tanto la mamma.
Antonella è stata una donna stupenda che io stesso non ho conosciuto del tutto, e forse questa lettera serve a dire che la vita va vissuta senza leggere l'etichetta, che basta guardare dentro per scoprire un mondo fantastico, ascoltare con attenzione le parole dei nostri figli per trovare in loro una saggezza maggiore della nostra, aprire gli occhi per notare nel nostro giardino un fiore che non avevamo mai notato, parlare con il nostro amico di sempre per accorgerci che non lo conosciamo ancora bene. Appena incontravi Antonella, immaginavi che il suo affetto fosse troppo grande per essere una costante comune a tutti, che fosse dovuto a uno di quei momenti della vita in cui ti senti più buono o più comprensivo. Ebbene no, lei era sempre così, e lo era con tutti, anche con chi non lo meritava: "Se dai amore, non devi aspettare di riceverlo per essere appagato, deve appagarti il solo gesto di darlo".
Antonella è stata la splendida compagna di un viaggio che è durato troppo maledettamente poco per realizzare i nostri progetti e i nostri sogni. Ma sono orgoglioso di scrivere questa lettera e, se decideste di pubblicarla, vorrei che le persone che hanno conosciuto Antonella sapessero che lei era buona con loro così come lo era con tutti, e che le definiva tutte speciali, perché tutte le persone sono speciali, basta solo conoscerle meglio.
Un grazie alla redazione di Vanity, e a tutti quelli che le hanno voluto bene. Ti amo, piccola, e ti amerò per sempre.
IL TUO PRINCIPE

Da Vanity Fair n°1 del 12.01.2011

Non c'è molto altro da aggiungere a queste parole intense. Bastano da sole.
Ovviamente non ho conosciuto Antonella, ho appreso la sua storia dalle pagine della rivista. Ma sono stata profondamente colpita dalla sua lezione di vita ed ho voluto condividerla con tutti. O almeno con chi frequenta il mio blog.
Ho solo una cosa in più da dire: grazie Antonella, grazie Principe. Attraverso queste poche righe ho capito che è questo il tipo di persona che voglio diventare, questo il tipo di ricordo che vorrei lasciare, questo il modo in cui vorrei essere amata.

Io e Nelly Furtado

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